Storia del Ferrini
Origine della scuola
Tutto ebbe inizio nel settembre del 1945,la guerra è ormai finita. Durante il periodo bellico i giovani studenti avevano avuto la possibilità di essere ospitati nel seminario della diocesi, vista l’assenza dei sacerdoti partiti per le missioni. Al ritorno dei chierici però i giovani dovettero allontanarsi dal seminario: Mons.Vescovo Giuseppe Angrisani quando venne a sapere dell’accaduto pregò Don Biletta di occuparsi e di accogliere i giovani delle scuole pubbliche ,fondando un nuovo istituto. Don Biletta accettò di buon grado anche se inizialmente si trovò ad affrontare situazioni difficili:trovare i soldi e i locali adatti ad una simile impresa non fu cosa facile ed inoltre era necessario impostare un sistema educativo e delle regole da far rispettare all’interno della scuola.
Don Giuseppe desiderava che l’istituto diventassa un luogo amato dai ragazzi,dove lo studio e le altre attività non avrebbero dovuto pesare e dove i giovani sarebbero stati capaci di imparare da loro stessi la disciplina e le regole per una buona convivenza con il prossimo: il “Contardo Ferrini” sarebbe diventato, per i giovani di Casale, come una seconda famiglia. Con l’aiuto dei sacerdoti della missione della casa di Casale e di altri, Don Biletta riuscì a trovare dei locali presso la Casa di Riposo ed incominciò,con l’aiuto delle suore ,a sistemare quello che in seguito sarebbe diventato l’istituto. Questa sistemazione durò solo un anno ed in quest’anno la scuola ospitò 68 giovani,accuditi dalle suore e da Don Timossi per quanto riguardava il lato organizzativo. Il luglio 1946 decise lo spostamento dell’istituto in quanto le elezioni della Direzione del Pio Ente decisero di sfrattare gli occupanti dello stabile. Con grandi sacrifici Don biletta riuscì ad affittare l’albergo “Rosa Rossa” di proprietà dell’ospedale di Casale e ad acquistare tutta l’atrezzatura necessaria per organizzare al meglio la nuova sede dell’istituto. I ragazzi poterono così avere delle belle camerette,acqua corrente, grossi saloni ben arredati:solo il cortile per la ricreazione era assente. Accortosi che a Casale mancava una scuola professionale, Don Biletta ,non potendo restare inoperoso davanti ad un certo numero di giovani che “bighellonavano”senza un impiego decise di trasformare il suo convitto in una scuola professionale e cercò di coinvolgere le famiglie casalesi nella sua opera. Nell’anno scolastico 1950 vennero costruite altre aule ed un’officina. Per quell’ anno si aspettavano circa 30 ragazzi “operai”: ne arrivarono più di 70. Prima di allora il complesso scolastico era formato da un’aula,una piccola officina,una sala per la direzione e la segreteria. Non potendo continuare le attività nel piccolo alloggio della “Rosa Rossa” poichè la scuola necessitava di nuove strutture , Don Biletta richiese l’apertura di un credito bancario sotto la sua responsabilità. Dopo una lunga serie di vicissitudini per avere i fondi necessari alla costruzione di un ambiente più grande per accogliere tutti gli studenti. Il 1° settembre 1951 iniziarono i lavori nella “casa Oddone” e vennero costruiti altri 2 piani, mentre l’ala centrale venne allargata di 4 metri. Nel novembre del 1952 si operò il trasloco dalla vecchia scuola a quella nuova.
Evoluzione della scuola
Gli anni che seguirono furono anni di duro lavoro:l’officina era ormai diventata troppo piccola, occorrevano nuove aule ed un nuovo piano di studi,e l’edificio era ancora da ristrutturare perché l’istituto era in continua espansione. Alla Scuola di avviamento seguì la Scuola Tecnica per meccanici che aprì nel 1953. Questo accadde perchè Don Biletta si rese conto che molti dei migliori studenti del suo istituto dopo i tre anni di avviamento andavano a proseguire gli studi presso l’istituto tecnico “Omar” di Novara. Per ingrandire la scuola si misero all’opera Don Timossi e l’ingenier Durando (allora professore del “Ferrini”) e studiarono un piano di ampliamento decidendo di fare prolungare un’ala della scuola per ospitare altre 8 aule,un dormitorio e due officine. Con essa iniziò anche l’opera di Don Biletta verso gli enaolini,cioè i ragazzi orfani, che egli , data l’ esperienza di aver perso la madre all’età di 5 anni, aveva molto a cuore. L’interessamento delle autorità verso l’istituto cominciò a crescere e molti politici visitarono la scuola: i ministri Romita e Tupini e gli onorevoli Rapelli,Brusasca e Sabatini. Anche Sua Santità Givanni XXIII si interessò al “Contardo Ferrini” richiamando a Don Biletta un’udienza privata dove lo incoraggiò a proseguire la sua opera e ad incrementarla. Dopo questi primi anni di vita l’istituto già ospita 500 studenti di cui 200 convittori. Come già detto il Ferrini non era soltanto una scuola, ma un seconda famiglia:in uno scritto Don Timossi racconta che Don Biletta portava a ballare i giovani che non rientravano a casa nei fine settimana per non far loro sentire la lontananza dalla famiglia. L’istituto casalese era inoltre noto per le sue attività extrascolastiche. Ogni anno il “Ferrini” preparava i carri per la sfilata di carnevale, luogo dove in genere si rispecchiava la creatività dei giovani studenti. Poi c’era la passione per il calcio, in onore della quale venne organizzato il torneo biennale “C.Ferrini”; l’istituto ospitò anche le squadre straniere che parteciparono al torneo Calgaris in quegli anni . Da non dimenticare anche il soggiorno a St. Jacques di Champoluc nel quale i ragazzi potevano passare le loro vacanze estive. Dopo che i primi metalmeccanici ebbero conseguito il diploma si fece subito evidente la necessità di allargare le dotazioni dell’istituto con nuove specializzazioni e, nell’ottobre 1963 approdò al “Ferrini” anche la specializzazione in chimica industriale, seguita due anni più tardi dalla specializzazione in elettronica. Il 27 febbraio 1966 il Cardinale Tisserant inaugurò ufficialmente i laboratori delle due nuove specializzazioni; in seguito, essendosi accorto della prodigiosa opera che Don Biletta aveva compiuto a Casale, chiese al sacerdote di curare la sua opera a favore dei ragazzi dell’Ente Maremmana (giovani portatori di handicap), a Roma. Don Giuseppe non seppe rifiutare e decise di creare una piccola comunità di recupero dove i ragazzi avrebbero potuto imparare piccoli mestieri manuali. I suoi piani ambiziosi vennero però fermati da una truffa che ne significò una rapida discesa finanziaria . Il “Ferrini” era ancora in crescita, ma anche le città vicine avevano ormai il loro istituto tecnico e molti studenti abbandonarono l’idea di sistemarsi a Casale vagliando la possibilità di essere più vicini a casa e di non dover pagare alcuna retta. Non avendo più i fondi necessari Don Giuseppe cercò di salvare almeno il convitto, ma nel dicembre 1970 il “Contardo Ferrini” diventava un sezione staccata dell’Istituto “Volta” di Alessandria, e successivamente, l’attuale “Sobrero”. Dopo le forti delusioni, lo stato di salute di Don Giuseppe Biletta peggiorò notevolmente e a nulla valsero le cure contro la leucemia. Egli si spense il mattino del 4 giugno 1975.
I primi 10 anni del “Contardo Ferrini”
22 aprile 1956: è il decimo anniversario della fondazione dell’Istituto. In questa occasione venne preparata una cerimonia commemorativa, a cui parteciparono anche tutte le autorità della provincia: il Vescovo, onorevoli, presidi, carabinieri,polizia, tenenti e colonnelli dell’esercito,funzionari amministrativi,politici,suore,ex allievi e genitori dei convittori. Durante la cerimonia il Vescovo benedì i locali e tutti poterono visitare le officine, le aule e i dormitori; Don Biletta espose quali fossero le prospettive di occupazione che la qualificazione dell’Istituto offriva ai ragazzi e quali fossero i suoi metodi educativi, basati sulla ricerca di dare al giovane una personalità completa ed indipendente. Al decimo anniversario dell’Istituto venne dedicata un’edizione del giornalino scolastico, piena di ringraziamenti ed impressioni sui primi 10 anni di vita della scuola. Il Dott. Lucio Pandolfo, professore del “Contardo Ferrini” descrive così il suo primo impatto con i ragazzi dell’Istituto: “Non sapevo che fosse una Scuola di Avviamento Professionale; e, quando entrai per la prima volta nell’officina dell’Istituto e vidi i miei alunni in tuta con una lima in mano ed un pezzo di ferro grezzo da levigare, provai come un senso di perplessità. Non riuscivo a conciliare la lima con i verbi transitivi spiegati poco prima in aula, il lavoro manuale pratico dell’officina con il lavoro mentale speculativo della scuola. Finora avevo insegnato nelle scuole medie, dinnanzi a una scolaresca di ragazzi medio-borghesi, destinati soltanto allo studio; di ragazzi a cui bisognava impartire un’educazione teorica che fosse propedeutica per l’attuazione di un’ulteriore educazione più complessa e compiuta. L’insegnamento delle lettere, quindi, era fine a se stesso ed aveva i caratteri di un astratto dialogo teoretico molto poco vicino alle esperienze della vita di questo mondo. Ma la Scuola di Avviamento Professionale, quella volta, mi apparve tutt’altra cosa. Da qui la perplessità provata dinnanzi ai miei alunni in veste di operai, dovuta al senso di grave responsabilità che sentii gravare su di me. Oltre a giustificare le opinioni (in un primo tempo, per me poco chiare) dei colleghi, i quali avevano sottolineato l’importanza della preparazione tecnica preminente su quella culturale dei ragazzi, mi resi conto delle esigenze di questa Scuola. Compresi che, di là dal programma voluto dal titolo di Scuola di “Avviamento Professionale”, Bisognava preparare quei ragazzi alla vita prossima piuttosto nella sua attuazione pratica; ed educarli non da un punto di vista formale, ma pratico e morale. In altri termini, bisognava dar loro una coscienza di essi; insegnare loro a cogliere il valore esatto della vita nell’infinita gamma delle sue molteplici manifestazioni e renderli “uomini” oltre che operai, nel senso più integrale della parola. Era quello che da tempo attendevo. Avrei insegnato – oltre che verbi transitivi ed intransitivi – a credere in sé e negli altri, a sentire di dover essere onesti lavoratori, a provare gioia del proprio lavoro, a sapere essere contenti di se stessi.” PANDOLFO Dott. LUCIO Molti dei ringraziamenti contenuti nell’edizione speciale del giornalino del “Contardo Ferrini” sono rivolti a Don Pierino Fumarco, l’allora insegnante di francese Inoltre si parla anche della Cappellina della scuola, ampliata e rimessa a nuovo per volontà del Vescovo.
La parola di Don Biletta
Durante le nostre ricerche per conoscere Don Biletta e le sue opere siamo venuti in possesso di una pubblicazione in memoria dell’anniversario dei primi dieci anni di esistenza del “Contardo Ferrini”e riteniamo opportuno riportare una lettera di Don Biletta contenuta in questo scritto perché da essa affiora il suo innato amore per i giovani e per il suo istituto;la lettera è stata scritta in occasione dell’avvento del Santo Natale: “Carissimi, più di due mesi sono trascorsi dalla ripresa della vostra fatica e scommetto che quasi non ve ne siete accorti, tanto corre veloce il tempo. Ce ne siamo accorti noi, carissimi, abituati come eravamo alla quiete riposante dei mesi estivi, non troppo invece alle vostre incertezze nello studio ed alla vostra elettrica vivacità. Eppure senza di voi la nostra fatica non avrebbe un motivo, senza la vostra irrequietezza, alternata con le ore di studio e di raccoglimento religioso, il nostro Istituto non avrebbe motivo di esistere. Siete tornati e tra voi ci sono certi bei tipi, intelligenti anche, che hanno una spiccata attitudine a fare scarso uso della propria testa.Questi ragazzi che non concludono mai niente, vanno a scuola per forza, studiano perché costretti, ascoltano le lezioni con la fantasia in movimento, si lasciano più impressionare da uno spettacolo televisivo, da una festa da ballo, da un po’ di fumo che non dalla lezione e dai compiti assegnati. Lascio quindi pensare a voi quali risultati possano realizzare e quale soddisfazione offrire ai loro genitori, questi nostri studenti, nelle prossime feste natalizie. Da parte nostra non ci stanchiamo di richiamarli continuamente ed energicamente; ma quanto fiato sprecato! Come vi auguro di cuore che la vostra coscienza vi porti a comprendere che lo studio è per voi un obbligo grave di giustizia verso i vostri genitori che si sacrificano per voi, verso i vostri Professori che lavorano per il vostro bene! Carissimi, se avrete nel vostro cuore la Grazia del Signore e la saprete custodire con gelosia, perché Essa è per l’anima il più gran bene, tutte le vostre fatiche saranno benedette e a suo tempo produrranno frutti abbondanti. Non si può invece sperare nulla di buono da quelli che non sanno custodire la pace e la gioia della loro coscienza. Essi sono turbati;ma nel turbamento non è possibile applicarsi allo studio, nel turbamento progredisce il male, non il bene, e così si sciupano i giorni, i mesi e, Dio non voglia, anche gli anni. Pensateci! Prendo l’occasione per porgere a tutti voi, ai vostri genitori, ai Superiori tutti, ai nostri Benefattori ed Amici gli auguri più sinceri di BUON NATALE e BUONE FESTE. Gesù Bambino vi benedica tutti!”
Chi era Contardo Ferrini
Contardo Ferrini nacque a Milano il 4 aprile 1859 da Rinaldo Ferrini e da Luigia Buccellati. Ben presto il piccolo diede prova di essere intelligente e di natura vivace:dopo i suoi primi studi scoprì di essere portato più per le lettere che per le scienze e subito dopo la sua prima Comunione i genitori si accorsero che il ragazzo nutriva un particolare amore per la fede e aveva uno “spirito di raccoglimento superiore” a quello dei ragazzi della sua età. Dall’Istituto Boselli egli passò al liceo Beccaria dove approfondì le sue conoscenze religiose e poi ,il 16 novembre 1876 entrò al Collegio Borromeo di Pavia iscrivendosi alla facoltà di diritto. Ottenuto il dottorato a pieni voti,nel novembre del 1880 si recò a Berlino per perfezionarsi nel diritto e imparare il modello di vita religiosa dei giovani tedeschi.Lì scrisse “Programma di vita” in cui parla dell’ amore di Dio e dell’importanza della preghiera per rimanere uniti a Lui. Nell’autunno del 1881 fece voto di eterna castità. Incoraggiato dai suoi professori di università(Zacharias Von Lingental e Alfredo Pernice,due menti del diritto)scrisse la traduzione in latino di “Parafrasi greca”.Questo lavoro gli comportò viaggi a Roma,Torino e Parigi.Tornato in Italia a ventiquattro anni potè insegnare come libero docente ed ebbe una cattedra all’ Università di Pavia in esegesi delle fonti del diritto romano.Contemporaneamente fu eletto membro dell’istituto lombardo di scienze e lettere. Nell’87 Ferrini ottenne una cattedra all’università di Messina che lasciò poi per una nella più vicina città di Modena nel 1889.Proprio a Modena Contardo si legò con un collega,Luigi Olivi e la sua vita divenne sempre più attiva e feconda di bene. Quando sua sorella Antonia si sposò egli aprofittò della sua ospitalità e si trasferì a Cascina Morona,ad appena 3 Km da Pavia.Lì poteva, nonostante la cattedra a Pavia,dedicare 4 giorni alla settimana alla sua famiglia rimasta a Milano. In quel periodo a Milano le lotte politiche erano ardenti: i partiti facevano propaganda attiva,alcuni cattolici condannavano il nuovo movimento nazionale perchè era diretto da anticlericali,i politici più conservatori cercavano un compromesso per non rendere la politica nazionale troppo ostile al cattolicesimo. Si era formata una corrente giovanile democratica che seguiva evidenti necessità sociali. Essi si appoggiavano ai cattolici intransigenti ed aprivano lotte con i liberali conservatori. Ferrini fu inviato a Milano per ascoltare gli uni e gli altri e risolvere i principali problemi sociali mettendo a disposizione del popolo la sua brillante intelligenza. In conseguenza all’alleanza tra i partiti popolari i moderati capirono che non avrebbero potuto operare senza l’opinione dei cattolici. Furono scelti alcuni nomi da mettere a capo dei cosiddetti Comitati elettorali dei cattolici e per Pavia fu scelto il Ferrini. Il Ferrini non accettò di buon grado la carica impostagli e a lungo chiese di essere sostituito. Nonostante egli non si sentisse pronto per tale incarico dopo il trionfo del partito egli fu eletto a consigliere comunale. Da quel momento Ferrini dette prova di dare buoni consigli e tutti rivolgendosi a lui sapevano di venire accolti calorosamente. Nel corso della sua carica aiutò i ragazzi dell’istituto dei Figli della Provvidenza per i quali aveva stilato un progetto adatto a colmare le lacune del codice del diritto riguardo i genitori indegni della patria podestà. Più avanti diede prova di grande saggezza impedendo uno scisma all’interno del partito cattolico in occasione dell’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II in Piazza del Duomo. L’inaugurazione si tenne il 20 settembre 1896. Ferrini fece pubblicare un articolo riguardante la cerimonia dettato da lui,ma altri giornali pubblicarono scritti più vivaci e i moderati minacciarono di far togliere al clero l’insegnamento religioso nelle scuole. Gli anni del suo insegamento vengono ricordati come gli anni in cui compaiono i suoi scritti: ·”Quid conferat ad juris criminalis historiam Homericorum Hesiodorumque poematum studium” Berlino 1881 ·”Istitutionum graeca paraphrasis Theophilo antec. vulgo attributa.Duo volumina” Berlino 1884-1887 ·”Storia dlle fonti del Diritto romano e della Giurisprudenza romana” Milano 1885 ·”Diritto romano” Milano 1885 ·” Di una nuova teoria sulla revoca degli atti fraudolenti compiuta dal debitore secondo il diritto romano” Milano 1887 ·”Sull’essenza della formula proibitoria nell’albo pretorio” Roma 1888 ·”Teoria generale dei Legati e Fidecommessi” Milano 1889 ·”La costituzione degli ateniesi di Aristotele.Testo greco” Milano 1891 ·”Il Digesto” Milano 1895 ·”Manuale di Pandette” Milano 1900 Inoltre il Ferrini collaborò con numerose riviste. Il 22 settembre 1902 partecipò ad una escursione in montagna e il 17 ottobre moriva per un infezione. Tutti coloro che lo conobbero lo definirono un vero e proprio santo.
Qualcosa in più su Don Biletta e sul “Contardo Ferrini”
Sono state ottenute maggiori informazioni riguardo Don Giuseppe Biletta chiedendo a coloro che lo hanno conosciuto personalmente qualcosa in più sulla sua vita, sul suo carattere e sul suo istituto visto che l’attenersi ai testi che lo riguardano, è sembrato alquanto restrittivo. E’ stato deciso di rivolgersi ad Don Pierino Fumarco, sacerdote e parroco del Duomo di Casale che ha passato al fianco di Don Biletta ben 8 anni. “Io non saprei da dove cominciare…Ho conosciuto Don Giuseppe sotto molti aspetti. Non era solo un sacerdote, ma anche un insegnante ed un buon amico. Otto anni sono troppo lunghi da raccontare ma io conosco qualcuno di molto affezionato a Don Biletta che potrebbe dare una mano perchè da sempre si occupa di farne rimanere vivo il ricordo.” Naturalmente Don Fumarco si riferisce a Don Innocenzo Timossi,al quale è stato chiesto:
Per quale motivo il “Contardo Ferrini” ha dovuto chiudere i battenti?
Quale ruolo ha il Cardinale Tisserant? Per quale motivo Don Biletta ha deciso di fondare un istituto tecnico e non,per esempio, un liceo?
Come ricorda la figura di Don Biletta e che cosa ammirava di lui?
Oltre al “Ferrini” quali opere ha intrapreso Don Biletta?
“Il Ferrini ha dovuto chiudere i battenti perchè non era più possibile riuscire a pagare gli stipendi agli insegnanti senza finanziamenti esterni e senza dover gravare ulteriormente sulle famiglie degli studenti, che avrebbero dovuto pagare rette più alte. Il Cardinale Tisserant non c’entra con la chiusura dell’istituto: egli aveva solo saputo di quanto aveva fatto Don Biletta a Casale e gli aveva chiesto di occuparsi dell’opera che l’Ente Maremma gli aveva chiesto di fondare a favore dei figli dei coloni dell’Ente Maremma e Don Biletta aveva accettato pur sapendo che a Casale c’era ancora tanto bisogno di lui.
Il Ferrini è stato fondato da Don Biletta nell’immediato dopoguerra per dare a Casale una formazione professionale,che ancora era assente. Per questo si è formato per primo l’Avviamento Professionale, ed in seguito aprì anche l’I.T.I per far si che i ragazzi, con migliori capacità, potessero continuare gli studi senza doversi recare a Torino o a Novara. Casale ha avuto così l’I.T.I. prima di Alessandria, Asti e Vercelli.
Don Biletta era un prete alla “Don Bosco”, un educatore nato, un “secondo papà” per i giovani, che egli voleva portare al “Padre”, quello che sta lassù nei cieli.
L’opera dell’Ente Maremma del Cardinale Tisserant era sorta per dare una formazione ancora piu elementare a ragazzi portatori di handicap ma con un quoziente intellettivo sufficiente per imparare piccoli mestieri (giardinieri, falegnami, domestici) e così facendo inserirli nella vita.